giovedì 23 novembre 2023

Intervista a Maria Concetta Solmona sul libro ''RESPIRI INTROSPETTIVI''

1: Quando hai iniziato questa raccolta di poesie e in quanto l'hai terminata?

Questa raccolta è nata nell'arco di pochi giorni e in essa ho voluto ricreare la sintonia dei versi che avevo scritto in diversi anni rafforzandola con un filo conduttore che ne rispecchiasse i vari significati.


2: Hai delle abitudini particolari durante la scrittura? (esempio: un determinato luogo, determinato momento del giorno, determinato oggetto accanto a te ecc).
No, non ho delle abitudini particolari perché sono molto caotica quindi dipende da quali dettagli in quel momento hanno catturato la mia attenzione creativa. Qualsiasi cosa, alla fine, può rivelarsi fonte d'ispirazione. Però, ti confido che le idee migliori mi giungono spesso quando, alla sera, ripenso alla mia giornata.


3. Com'è nata la tua passione per le poesie e quando te ne sei accorta?
La passione per la scrittura creativa, quindi anche per le poesie, è nata poco dopo aver imparato a leggere intorno ai sei anni. Ero una bambina molto timida e chiusa in me stessa ed era un'impresa riuscire a farmi parlare. Un giorno decisi che quel foglio a righe sarebbe dovuto diventare la mia voce. Scrivere su di quel foglio riusciva a farmi percepire la sensazione liberatoria più forte della mia vita. Subito dopo mi mettevo a rileggere e mi veniva spontaneo emozionarmi dinanzi alle parole che ero riuscita a tirare fuori.


4 Quanti libri hai scritto e/o pubblicato?
Ho scritto diversi racconti brevi, centinaia di poesie, un'avventura per ragazzi, un romanzo breve e un thriller sci-fi ma solo alcuni tra i primi scritti e la silloge poetica «Respiri introspettivi» sono stati, al momento, pubblicati.


5: Come hai coltivato questa tua passione?
Ho coltivato questa passione perché ne sentivo la necessità, anche se spesso si è dimostrato complicato dare concretezza alle mie idee. Ho mollato spesso, ahimè,  ma altrettante volte ho ripreso facendomi coraggio e intimandomi di non mollare. Mi rammarico di non aver conservato molti scritti che sono andati perduti insieme ai miei momenti di sconforto.


6. In quello che hai scritto in questa raccolta, c'è qualcosa che ti riguarda personalmente (esperienze ecc)
Tutto ciò che scrivo ha del personale, che siano esse emozioni o esperienze o incubi. Le idee partono sempre da un pensiero che mi appartiene, anche se scrivessi di un esperienza vissuta da un amico la plasmerei per renderla «universale» e adattabile a chiunque, diventando anche un po' mia.

7. C'è un messaggio che vorresti mandare con questa tua opera?
Con questa opera vorrei far trasparire diversi messaggi, tra cui la necessità di amarsi prima di tutto, per raggiungere la consapevolezza che permette di riconoscere che davanti a sé può coesistere un sentimento sincero e spontaneo che non sia alimentato da intenzioni malsane. Per questo ho deciso di attraversare gli alti e bassi che nascono e crescono quando ci si ritrova coinvolti in emozioni torbide, macchiate di una nostalgia che non dovrebbe esserci, una dipendenza affettiva che porta solo dolore, rabbia e rancore affinché, chiunque voglia può fare ammenda con se stesso e andare avanti verso qualcosa di pacifico e gratificante piuttosto che debilitante.


8. Quando scrivi, hai già tutto quello che scriverai in mente, seguendo ad esempio una scaletta, o elabori il tutto strada facendo?
Come ho detto prima non sono particolarmente ordinata, o perlomeno, do retta al mio caos ordinato che, stento a crederci anche io, a volte sa il fatto suo e si comporta bene. 


9. La tua vita è cambiata da quando hai cominciato a scrivere?
La mia vita non è cambiata grazie alla scrittura, però mi ha spronata a modificare e maturare su molte cose nel periodo in cui lo ritenevo più opportuno, insomma sempre troppo tardi, direi. Mi sono documentata su molte cose, tra cui la scrittura creativa e il campo dell'editoria ma, molti dettagli importanti sono sopraggiunti dopo mesi e anni. Nel frattempo avevo già pubblicato, adesso... immaginatemi come una magnifica battuta che non arriva mai puntuale, non è una bella sensazione, eh? 

10. Che cosa hai provato, quando finalmente il tuo libro è stato pubblicato?
Nonostante la pubblicazione sia arrivata quando mi percepivo ancora acerba, ho provato un euforia incredibile, che mi ha regalato sorrisi e ammirazione per parecchi giorni. Ho pensato che finalmente quel sogno che mi trasportavo fin da bambina si era finalmente concretizzato. Sì ce l'avevo fatta!



Intervista a Laura Pacchioni sul romanzo ''NENESS''

1: Com'è nato il libro "Nenèss"?
Nenèss è stato il mio primo libro: sono una divoratrice di libri e, a volte, mi è capitato di finirne uno stizzita, pensando "questo lo potevo scrivere io anche meglio". Per anni ho rimandato, forse per paura di non riuscire nell'intento, finché ho letto il blog della scrittrice Lisa Genova e i suoi consigli per scrivere. Dopo quelli classici (scrivi ogni giorno, non lasciarti distrarre ecc), l'ultimo era: "you are going to be dead one day. Write it now". E ho iniziato. A libro finito, le ho scritto per ringraziarla.


2: Cosa hai messo di tuo? 
Sono convinta che si scrive di quello che si sa, ecco perché per scrivere un romanzo storico bisogna fare ricerche accurate. Quindi ho ambientato il libro a Londra, città dove ho vissuto per quattro anni, ho parlato di vini, infatti sono sommelier, di amicizia e di vicende amorose. In quello vado fortissima! 


3: C'è qualcosa in particolare che hai vissuto e che hai descritto in questo libro?
Ora lo posso dire tranquillamente, ma prima non era così. Nenèss ha una grande paura, quella verso la morte. Tutte le sensazioni, i pensieri formulati da Nenèss riguardo la morte sono i miei. Prima non riuscivo a parlare di questa cosa, ora sì, quindi scrivere questo libro mi ha aiutata un sacco, anche se, purtroppo, non è una paura risolvibile! Mi dispiace quando capita che nelle recensioni si calchi la mano sul fatto che nel mio libro ci sono scene erotiche: Nenèss è molto di più di un bell'amplesso, è qualcosa che rimane anche dopo, lasciandoti a libro finito la sensazione di aver perso un'amica. Non sono parole mie, ma di lettori che hanno adorato e capito il mio libro. 


4: In Neness vediamo molto l'importanza dell'amicizia, più dell'amore. Puoi spiegarci nel dettaglio cosa ne pensi a riguardo?
Penso che nella vita debba esserci sempre il giusto equilibrio, in ogni cosa. Una persona non può chiudersi in casa con il compagno/a. E ti assicuro che ci sono persone che ritengono l'amicizia una cosa così, quasi superflua. L'amico è quello che non ti abbandona mai, nemmeno se vai a vivere dall'altra parte del mondo. L'amico è quello che ha sempre una spalla pronta per tenerti su, e camminare in due è bellissimo. L'amico è un complice, così pure come i fratelli e le sorelle. Ecco perché quando un sedicente amico/a te la combina grossa è peggio di essere tradita.  

5: Cosa ti ha ispirato per scrivere questa storia?
Volevo raccontare una storia di forza, di amore, di evoluzione, mettendo insieme le mie passioni e il mio amore per Londra, confezionando uno scritto di lettura scorrevole ma non frivola. Spero di esserci riuscita. 

6: C'è un messaggio particolare che vorresti mandare con questa tua opera? E perché?
Certo, il messaggio è di vivere ora, subito, di vivere il presente e di non rimandare a domani. Perché oggi siamo qui e domani, chissà.  Purtroppo ci dimentichiamo troppo spesso che la nostra vita dura un battito di ciglia e ci crucciamo per le cose sbagliate. Non sono frasi fatte, è la realtà, ma non ce ne accorgiamo davvero finché non ci succede qualcosa di brutto e allora lì sì che iniziamo davvero a vivere e ad apprezzare il dono della vita. 

7: Hai delle abitudini particolari durante la scrittura?
Ho bisogno di tempo e silenzio per scrivere e del mio cane Cesare che russa di fianco a me. Mi conforta. Prendo appunti ovunque (anche se lo zio Stephen King dice che è inutile), su tovagliolini, libretti, telefono, e poi vedo se riesco a sviluppare qualcosa da quell' intuizione. 

8: Com'è nata la sua passione per la scrittura?
In realtà ho sempre scritto, ma per me stessa. Pensando di avere qualcosa da dire che potesse interessare anche altre persone, mi sono imbarcata in questa meravigliosa avventura. Sono cresciuta molto scrivendo e frequentando corsi per migliorarmi. È un mondo vasto e meraviglioso, in cui c'è sempre da imparare. Ultimamente sono affascinata dalla lingua italiana in sè, dalle forme verbali, i vocaboli e i suoi sinonimi, le diverse costruzioni della frase, la prima o la terza persona, insomma, mi piace tuffarmi in questo mare e saperne sempre di più. 

9: Quali sono le fonti di ispirazione quando scrive? Parte da esperienze reali, autobiografiche o della sua immaginazione?
A tutti voi che state leggendo: state attenti a raccontare qualcosa a una persona che scrive, perché in un modo o nell'altro, ne farà materiale su cui lavorare! Ogni giorno si leggono notizie assurde, ci vengono raccontate storie rocambolesche, separazioni da brivido, amori da favola, basta saper ascoltare chi abbiamo davanti. Inevitabilmente, il tutto viene immagazzinato nel nostro cervello per poi essere elaborato, romanzato e scritto. Sono un'osservatrice delle vicende umane, mi piace sapere perché un matrimonio è finito, cos'è successo, perché le persone prima amano e poi odiano. Chiedo sempre a chi mi sta vicino la spiegazione di alcuni loro comportamenti, cosa pensano: le dinamiche umane sono la mia più grande fonte di ispirazione. 

10: Quando scrivi un nuovo libro hai già tutta la storia in mente o la elabori strada facendo?
Bisogna sapere cosa si vuole scrivere, avere la spina dorsale del romanzo, sapere come iniziare e dove si vuole andare a parare, altrimenti il nostro libro sarà una barchetta senza timone  in mezzo al mare e il lettore ne sarebbe frastornato e deluso. 
Nonostante questa importantissima regola, l'anno scorso ho dato vita al "progetto folle": con altri due autori, Matteo Baldi e Ilaria Siddi, abbiamo scritto un romanzo a staffetta senza accordarci sulla trama. È stata davvero un'esperienza pazzesca che rifaremo! 

Grazie a tutti voi che ci seguite, leggete, appassionandovi ai nostri personaggi. Date una possibilità agli autori emergenti senza casa editrice: rimarrete sorpresi dall'originalità dei nostri libri. Grazie di cuore.  


Intervista a Matteo Lorenzi sul romanzo ''KAERU''

1: com'è nata l'idea di Kaeru?

Ciao Alessia, come prima cosa ci tengo a ringraziarti per lo spazio che mi offri. Questo mio romanzo parte da una scintilla piuttosto folgorante: volevo sondare gli stati d'animo dell'uomo quando viene catapultato in una realtà totalmente inaspettata che sconquassa ogni sua “routinaria” certezza. Le prime pagine generano nel lettore un senso di disorientamento, che è esattamente quello che volevo ottenere, ma al tempo stesso invogliano a proseguire la storia per capire cosa succederà.


2: c'è qualcosa al quale ti sei ispirato?
Il riferimento alla pellicola cinematografica “The Truman Show” è evidente, e pure esplicito, anche se in realtà lo collocherei più vicino a una serie TV anni Ottanta intitolata "Ai confini della realtà" in cui si immaginavano situazioni surreali che mettessero in discussione le convinzioni dell’uomo. Per quanto riguarda i riferimenti letterari direi che “Cecità” di Saramago, “1984” di Orwell, “Fu Mattia Pascal” e “Uno, nessuno, centomila” di Pirandello sono altri capisaldi che mi hanno influenzato nella costruzione di questa storia particolare, che si presenta prismatica in ogni suo aspetto, ricca di sfaccettature e questo permette al lettore di darne una diversa lettura a seconda dell'angolazione con cui vi si approccia.


3: le idee di questi immensi colpi di scena come ti sono venute?
Sono partito dall'idea "forte" e spiazzante della situazione d'esordio: Marcello, che ha una vita solitaria, piatta e noiosa, senza amici, senza amore e priva di particolari guizzi, un giorno rincasa e trova tutto diverso. La sua abitazione è curata e pulita, arredata in modo totalmente diverso, e una donna bellissima – mai vista prima – lo accoglie, chiamandolo con un altro nome, come se non lo vedesse semplicemente da qualche ora, come se la sua identità fosse un'altra rispetto a quella di cui egli steso non aveva dubbi. Da qui si dipana una storia ricca, densa e intrecciata in cui i colpi di scena sono diretta conseguenza della costruzione che ho voluto dare.


4: quando hai scritto questo libro, avevi già tutta la storia in mente o l'hai elaborata strada facendo?

Come dicevo poco fa l'idea è partita dalla scena iniziale ma prima di mettermi a scrivere ho dovuto sedermi a tavolino per impostare una scaletta suddivisa per capitoli e strutturata in ogni minimo dettaglio. Ci tenevo che non ci fossero falle, che tutto l'intreccio – seppur complesso – alla fine potesse svilupparsi in maniera sorprendente. Strada facendo ho solo aggiunto qualche piccolo dettaglio, ma la spina dorsale portante era tutta predisposta!


5: che cosa ti ha portato a scegliere quel determinato finale?
Il finale è una sorta di monito: fa capire che l'uomo alla fine, seppur possa contare su esperienze che lo hanno colpito o su pregressi che comunque dovrebbero insegnare, cade sempre negli stessi errori, nelle medesime sabbie mobili.


6: c'è un messaggio che vorresti far trapelare da questa storia?
Il tema di base è una riflessione sulla condizione umana, senza fornire risposte – che comunque nessuno avrebbe – ma cercando di instillare dubbi e domande nel lettore. Alla fine ne emerge un quadro molto cinico che si pone come una grande metafora di vita: la tensione continua dell’uomo alla ricerca di una propria realizzazione che spesso – erroneamente – scavalca la dimensione in cui questo vive rimettendo in discussione i suoi credo. KAERU ha vari significati in lingua giapponese, per primo “rana” ma nasconde altre moltissime accezioni come ad esempio “ritorno alle origini” oppure “cambiamento”... e il romanzo gioca proprio su questa plurivalenza di significati. Il Giappone è semplicemente la proiezione di un qualcosa di distante sia a livello fisico che su un piano concettuale, di fatto non è un libro sul Giappone o che vede in primo piano la cultura orientale. Una dimensione di questo tipo mi serviva per richiamare un’entità che risultasse slegata e lontana dalla nostra quotidianità


7: hai delle abitudini particolari durante la scrittura?

No, non ho rituali o abitudini che si ripetono, scrivo quando ho lo stimolo o quanto ho voglia. Non mi pongo mai obiettivi temporali, l'importante è che il flusso di scrittura non sia forzato o autoimposto.


8: com'è nata questa tua passione e come l'hai coltivata nel corso del tempo?
Devi sapere che in realtà io ho sempre scritto e partorito idee, magari però in forme diverse. Infatti oltre al mio lavoro che comunque mi permette di catalizzare la mia vena creativa, occupandomi di grafica pubblicitaria e progettazione cartotecnica, fin dall’adolescenza ho scritto e composto canzoni e musica. Sono un cantautore solista e parallelamente anche cantante di una rock band di cui sono autore dei pezzi originali. In definitiva l'approccio alla scrittura in prosa è semplicemente un ampliamento del mio raggio d’azione, una necessità di trovare un canale nuovo con cui comunicare alcune tematiche a me care, sviscerandole con maggiore dettaglio e fornendo uno strumento di fruizione diverso dall’ormai troppo veloce e sfuggevole forma “canzone”, in cui invito il lettore ad immergersi totalmente nella storia.


9: quali sono le fonti di ispirazione di cui ti servi quando scrivi? Parti da esperienze reali, autobiografiche o dalla sua immaginazione?

Io parto sempre da esperienze o suggestioni personali, mi piace però poi traslare la mia realtà in situazioni diverse. Il mio primo romanzo "Siero Nero" parlava della storia della mia rock band e lì c'era dentro molto più di me, ma alla fine anche "Kaeru" traccia le linee principali del mio pensiero anche se volutamente le ho rese "metaforiche", per far sì che ogni lettore possa creare il suo pensiero: è come se mi ponessi come obiettivo di dare a chi mi legge le chiavi di alcune porte... sta a loro decidere, in base a come ritengono possa funzionare meglio, quale serratura aprire! Non sempre è detto che l'interpretazione che ne dà chi scrive sia univoca.


10:come spero di influenzare il tuo pubblico?

Io credo che una storia come quella di Kaeru sia davvero trasversale... il ritmo è veloce, i fatti si susseguono senza pausa, la lettura scorre e soprattutto c'è continua necessità id proseguire per capire cosa succederà! Spero che questo lavoro possa appassionare molte persone, io ci credo parecchio!